Safer internet day: parliamone!

1 Febbraio 2019

Tempo di lettura: 2 min.

Safer Internet significa Internet più sicuro e dedicare una giornata a questa necessità diventa un’occasione per riflettere, partendo da nuovi punti di vista. Ad esempio, quando auspichiamo una rete più sicura, cosa stiamo realmente dicendo? Dov’è il confine che separa il diritto dei bambini di scoprire ed esplorare la realtà e la nostra spesso inconsapevole tendenza a trattenerli?

La rete fa parte della realtà e non il contrario. Tutto ciò che un bambino ancora piccolo può incontrare online non è traumatico finché non ha per lui un significato, ovvero finché non riesce a dargli un senso proprio. Guardare un’immagine inappropriata non vuol dire vederla veramente. Le paure e i conflitti dei bambini non nascono in rete ma dentro se stessi e hanno a che fare con l’idea di non sentirsi amati abbastanza. Amare un bambino non significa proteggerlo a oltranza ma provare a vedere il mondo con i suoi occhi. Non sempre viene spontaneo farlo, ma quando ciò accadrà saremo meravigliati di qualcosa, non avendola mai immaginata prima. Questo e soltanto questo significa condividere un’esperienza.

Ogni genitore sa bene quando presentare Internet la prima volta e quel giorno non sarà così importante l’età di suo figlio, quanto la disponibilità reciproca a sorprendersi insieme di fronte a ciò che vedranno. Questo protegge molto di più che l’aspettativa di traumi che spesso sono tali solo per noi. Internet diventerà più sicuro solo se i bambini saranno sicuri di se stessi. Non accade quando li controlliamo ma quando riusciamo a divertirci con loro. Ogni genitore lo sa.

L’alternativa è crescere i figli a propria immagine e somiglianza, considerando che anche noi adulti siamo il prodotto di come i nostri genitori ci hanno immaginato. Diventare se stessi significa sottrarsi più possibile a queste immagini genitoriali, a volte schiaccianti, riducendole a somiglianze e non a vere e proprie riproduzioni. Non possiamo incaricare i figli di essere noi e di farci sopravvivere.

La scena che evidenzia quello che dico è quando davanti a un gesto spontaneo di un bambino i suoi genitori si guardano interdetti chiedendosi “ma da chi ha preso?”. In quel momento quel bambino è se stesso e il nostro sguardo interdetto dovrebbe riempirsi di meraviglia e non di preoccupazione. Ogni genitore, quindi, seguirà la propria tendenza a meravigliarsi o a preoccuparsi ogni volta che suo figlio farà una nuova esperienza (che significa fare una cosa per la prima volta), mostrando la propria inclinazione ad accompagnarlo o a trattenerlo.

Il mondo digitale sarà il terreno dove con più frequenza questa inclinazione emergerà, a partire dai contenuti dei giochi, alla quantità di ore di connessione, al conoscere o meno la password, fino al fantasma dei social e del cyberbullismo.

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