Se pensate che il mondo dei videogame sia “roba da bambini”, è tempo di ricredersi: nel 2020, il fatturato dell’industria dei videogiochi ha superato i 180 miliardi di dollari, quasi il doppio di quella del cinema. Una buona fetta di questi introiti arriva da videogiochi come Fortnite e soci, che i gamer chiamano “Battleroyale”. Un successo gigantesco: oltre 500 milioni di giocatori sono registrati in Fortnite, e spesso sui suoi server giocano oltre 70 milioni di persone contemporaneamente.
Partiamo dal nome: si chiamano “Battleroyale” perché fanno riferimento al film giapponese omonimo, uscito nel 2000. In questo film, un gruppo di 100 ragazzi colpevoli di aver infranto la legge viene portato su un’isola. Ognuno ha un equipaggiamento base – una mappa, qualche razione di cibo e un’arma scelta casualmente. Dopo sei giorni, l’unico sopravvissuto viene riportato a casa.
Nei videogiochi Battleroyale succede esattamente questo, anche se i combattimenti sono ovviamente virtuali e nessuno si fa male. Ci si collega al gioco, da cellulare, console o PC, e poi si viene paracadutati su un’isola. Si atterra senza nessun tipo di arma, a differenza del film nipponico, quindi la prima cosa da fare è procurarsi un po’ di prezioso equipaggiamento – non solo armi, ma anche munizioni, scudi energetici, e via dicendo. In quasi tutti i Battleroyale, per evitare che i giocatori si “appostino” come cecchini e aspettino che gli avversari si avvicinino, si crea un cerchio casuale sulla mappa che costituisce una zona franca. Tutto il resto dell’isola verrà investito da una tempesta mortale, e quindi tutti i giocatori “fuori” dal cerchio dovranno correre verso il suo interno per sopravvivere.
Il caso Fortnite
Di sparatutto, giochi dove si combatte contro altri giocatori, ce ne sono letteralmente migliaia: quali sono le ragioni del successo di Fortnite? Prima di tutto, è totalmente gratuito. Si può giocare senza nessun limite e senza spendere un centesimo. I giocatori spendono euro sonanti per comprarsi costumi, abbellimenti per le armi, addirittura balletti speciali: tutte queste aggiunte però non hanno un effetto sul gioco. Le armi non sparano meglio, o i costumi non migliorano la difesa. L’idea che tutti siano ad armi pari, e che non vinca chi paga di più, è molto accattivante.
Altro punto di forza, la squadra: si gioca in gruppi di tre, ci si aiuta a costruire delle fortificazioni, ci si può curare nel caso si venga colpiti. Se un giocatore è da solo, viene aggiunto automaticamente a un gruppo, così nessuno resta escluso. Se invece si gioca con altri due amici, è divertentissimo coordinarsi e aiutarsi a voce. “Luigi, occhio che sulla collina c’è un nemico”; “Emma, aggiralo sul fianco mentre lo teniamo impegnati”; “Bruno, intanto costruisci una difesa”. Fenomenale.
In più, si gioca su ogni piattaforma e tra piattaforme. Se vostro figlio ha una PlayStation, può giocare con amici su PC o su Xbox. Fino a qualche tempo fa, persino con giocatori su cellulari, ma una recente disputa tra l’azienda che produce Fortnite (Epic Games) e Apple ha fatto sparire il gioco dai melafonini. Sui cellulari Android si può installare, ma passando dal sito di Epic Games e non dal classico store Google Play.
Fortnite ormai trascende un po’ la definizione di videogiochi: per esempio, nel 2020 Travis Scott, DJ molto celebre negli USA, ha tenuto un concerto dentro le mappe di Fortnite, calamitando l’attenzione di oltre 45 milioni di spettatori.
Gli altri titoli Battleroyale di successo
Esistono parecchi giochi simili a Fortnite, che hanno cercato di emulare il suo successo. Il più celebre, che probabilmente è installato sulle console dei vostri figli tanto quanto Fortnite, è Call of Duty Warzone. Anche in questo caso, si scarica gratuitamente, ma un complesso sistema di “esperienza” fa sì che i giocatori che investono un po’ di soldi (oppure comprano Call of Duty nei negozi, il gioco single player) siano avvantaggiati rispetto agli altri. Altra grossa differenza: l’ambientazione. Mentre Fortnite è un mondo tutto colorato e cartoonesco, dove ci si spara ma non c’è sangue o non ci sono teste che saltano, Call of Duty Warzone è molto più realistico graficamente, e per questo motivo il PEGI è 18 (mentre per Fortnite è 12). Se non sapete cosa è il PEGI, leggete qua che ve lo spieghiamo in pochi minuti (link-> https://neoconnessinew.melazeta.com/pegi/).
Altro gioco Battleroyale è Unknown Player’s Battleground – che anzi, è il “papà” dei Battleroyale, essendo uscito ben prima di Fortnite. Il suo successo è diminuito enormemente negli ultimi mesi, e dei 300 milioni di giocatori, solo una parte è rimasta fedele. Come Call of Duty, la grafica è realistica, e il PEGI 16.
Chiudiamo la panoramica dei Battleroyale con Apex Legends: si scarica gratuitamente (ma come al solito, ci sono acquisti per chi vuole) e ha un’ambientazione “fantascientifica”. Si combatte su un mondo lontano, pieno di fucili laser e torrette robot, sempre in team di tre amici contro tutti gli altri. Il PEGI è 16.