A proposito di Byod a scuola

19 Marzo 2019

Tempo di lettura: 2 min.

Uno degli aspetti positivi delle tecnologie in classe è la possibilità di dare spazio a tutte le modalità sensoriali: visiva, uditiva e cinestetica.

Nella tradizionale lezione frontale è soprattutto l’aspetto motorio che viene “sacrificato” quando si richiede necessariamente che tutti gli allievi stiano in silenzio e soprattutto fermi al proprio banco.

La tecnologia ha poi il grande vantaggio di rendere visibili, trasparenti, i processi di apprendimento perché il suo utilizzo non è basato su una modalità trasmissiva, ma, soprattutto se utilizzata in modo collaborativo e intenzionalmente orientata dall’insegnante, aiuta a creare veri e propri ambienti e scenari in cui ci si mette alla prova, si sperimenta, si trovano soluzioni, ci si confronta, si impara in modo attivo e dando ampio spazio alla creatività, ad esempio quando si diventa creatori di contenuti.

Per queste ragioni il Bring Your Own Device (BYOD), che in italiano significa “porta il tuo dispositivo” (e usalo), è una pratica che si va diffondendo sempre più nelle scuole, e anche gli studenti dimostrano di usare più volentieri i propri dispositivi di quelli forniti dalla scuola perché li conoscono meglio, ne hanno familiarità.

Nel modello didattico della Flipped Classroom o classe capovolta, in cui è incentivata la partecipazione attiva e collaborativa degli studenti, l’uso delle tecnologie personali a casa e a scuola è parte integrante del progetto didattico e trasforma radicalmente l’organizzazione dell’insegnamento.

Con il BYOD l’insegnante può creare, in una dimensione laboratoriale, ambienti di apprendimento aumentati dalle tecnologie più varie (tablet, notebook, e-reader per la lettura di e-book e, salvo autorizzazioni e normative in proposito, anche smartphone in situazioni controllate) e spesso meno obsolete di quelle di cui in media sono dotate le scuole: pensiamo alla possibilità di far usare per esempio sensori, misuratori, fotocamere, strumenti di registrazione video e audio, collegamento alla rete e ad ambienti di condivisione che permettono di riprodurre le attività tipiche di molti laboratori scolastici come quello scientifico, linguistico, multimediale.

È evidente che l’impatto del BYOD in classe non è riferito solo alla disponibilità ampliata e variegata di tecnologia, ma si avverte sui piani dell’organizzazione della classe e delle scelte metodologico didattiche e non ultimo su quello meramente tecnico, ma non meno importante, della sicurezza d’uso.

Per questo il BYOD che si basa sulla condivisione di tecnologia, ma soprattutto di intenti e obiettivi, richiede a docenti, studenti e famiglie consapevolezza.

Esistono nelle scuole regolamenti che lo disciplinano, spesso inseriti nei Patti di Corresponsabilità.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, nel 2015 aveva anticipato il tema dell’uso dei dispositivi personali a scuola e oggi il documento “Dieci punti per l’uso dei dispositivi mobili a scuola” presentato a gennaio 2018 dal Ministero sancisce non solo la legittimità, ma anche il valore della metodologia BYOD.

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